RICORSO RIORDINO CARRIERE - ARMA DEI CARABINIERI
Il TAR respinge i ricorsi, ma le motivazioni su cui si fonda il diniego sono censurabili poiché non aderenti alla realtà dei fatti.
Con due sentenze recanti identiche motivazioni, il T.A.R. del Lazio ha da ultimo respinto gli analoghi ricorsi proposti al fine di ottenere per i ns. Assistiti dell’Arma dei Carabinieri il loro re-inquadramento nel “nuovo” ruolo Ispettori nella corrispondente qualifica prevista per il personale della Polizia di Stato, e la progressione nelle relative qualifiche, secondo gli stessi criteri, termini e modi.
La pretesa muove dal fatto che è stato ampiamente dimostrato – poiché non smentito nelle sentenze –, da un lato, che le funzioni, i compiti e le mansioni espletate, prima della Riforma, dal personale appartenente al “vecchio” ruolo Sottufficiali dell’Arma, erano sostanzialmente comuni – se non superiori per qualità e quantità – a quelle svolte dai loro colleghi appartenenti al “vecchio” ruolo degli Ispettori della Polizia di Stato, e, dall’altro lato, che i primi avevano percorsi di formazione per l’accesso al ruolo e corrispondenti qualifiche temporalmente più lunghi rispetto ai secondi.
Ciò posto, è stato chiesto al Giudice di sollevare eccezione di legittimità costituzionale della legge di riordino. Con le sentenze in esame, invece, il Collegio ha escluso tale profilo di legittimità.
Tuttavia, i principi giurisprudenziali richiamati dal T.A.R. riguardano delle diverse questioni di diritto – e, di fatto – che non attengono a quelle in esame; in altre parole, l’asserita legittimità:
- dell’innalzamento del livello retributivo ad una categoria di personale senza necessità di innalzare il corrispondente livello retributivo alla categoria di personale a questa sovraordinata;
- del conseguimento di benefici da parte di singole categorie o livelli rispetto al personale non appartenente alla loro stessa categoria o livello;
- dell’accorpamento in un medesimo grado (M.A.s.U.P.S.), di gradi che in precedenza rivestivano una posizione “subordinata”;
- dell’inquadramento degli Appuntati Scelti U.P.G. dell’Arma nel ruolo dei Sovrintendenti anziché in quello degli Ispettori.
Questioni - quelle sopra elencate - che nulla hanno a che vedere con quanto esposto nei nostri ricorsi, i quali, proprio in virtù di quanto affermato dallo stesso Collegio giudicante nelle proprie sentenze, sono invece assistiti da un evidente grado di fondatezza.
Il Giudice, invero, afferma che l’intento del Legislatore era di conseguire una disciplina “omogenea” e una “equiordinazione” di compiti e connessi trattamenti economici, da attuarsi anche mediante modifiche (con accorpamento verso l’alto) di qualifiche funzionali o gradi o posizioni speciali in sede di riassetto dei rispettivi ordinamenti; il tutto, ovviamente, entro i consueti limiti della non palese arbitrarietà e della non manifesta irragionevolezza, e quindi con esclusione di situazioni di sostanziale scavalcamento; che poi, invece, è ciò che si è effettivamente verificato nel caso di specie, e che si è chiesto alla Corte Costituzionale di censurare.
Ma tutto ciò è - per così dire - “sfuggito” al Collegio del T.A.R., e potrebbe ora essere eccepito solo in un giudizio di appello dinanzi al Consiglio di Stato, da proporsi avverso la suesposta sentenza di primo grado.
Tra qualche giorno, forniremo direttamente – via posta elettronica – a tutti i nostri Assistiti la documentazione necessaria per una loro eventuale adesione all’atto di appello, per la riforma dell’illegittima sentenza di primo grado.
E, soprattutto, attiveremo sin da subito, nell’interesse di coloro che ci hanno già conferito mandato, il giudizio per ottenere il risarcimento dei danni (equa riparazione) conseguenti all’illegittima durata dei processi de quibus (Legge Pinto).
Roma, 27 gennaio 2014
Lo Staff
La pretesa muove dal fatto che è stato ampiamente dimostrato – poiché non smentito nelle sentenze –, da un lato, che le funzioni, i compiti e le mansioni espletate, prima della Riforma, dal personale appartenente al “vecchio” ruolo Sottufficiali dell’Arma, erano sostanzialmente comuni – se non superiori per qualità e quantità – a quelle svolte dai loro colleghi appartenenti al “vecchio” ruolo degli Ispettori della Polizia di Stato, e, dall’altro lato, che i primi avevano percorsi di formazione per l’accesso al ruolo e corrispondenti qualifiche temporalmente più lunghi rispetto ai secondi.
Ciò posto, è stato chiesto al Giudice di sollevare eccezione di legittimità costituzionale della legge di riordino. Con le sentenze in esame, invece, il Collegio ha escluso tale profilo di legittimità.
Tuttavia, i principi giurisprudenziali richiamati dal T.A.R. riguardano delle diverse questioni di diritto – e, di fatto – che non attengono a quelle in esame; in altre parole, l’asserita legittimità:
- dell’innalzamento del livello retributivo ad una categoria di personale senza necessità di innalzare il corrispondente livello retributivo alla categoria di personale a questa sovraordinata;
- del conseguimento di benefici da parte di singole categorie o livelli rispetto al personale non appartenente alla loro stessa categoria o livello;
- dell’accorpamento in un medesimo grado (M.A.s.U.P.S.), di gradi che in precedenza rivestivano una posizione “subordinata”;
- dell’inquadramento degli Appuntati Scelti U.P.G. dell’Arma nel ruolo dei Sovrintendenti anziché in quello degli Ispettori.
Questioni - quelle sopra elencate - che nulla hanno a che vedere con quanto esposto nei nostri ricorsi, i quali, proprio in virtù di quanto affermato dallo stesso Collegio giudicante nelle proprie sentenze, sono invece assistiti da un evidente grado di fondatezza.
Il Giudice, invero, afferma che l’intento del Legislatore era di conseguire una disciplina “omogenea” e una “equiordinazione” di compiti e connessi trattamenti economici, da attuarsi anche mediante modifiche (con accorpamento verso l’alto) di qualifiche funzionali o gradi o posizioni speciali in sede di riassetto dei rispettivi ordinamenti; il tutto, ovviamente, entro i consueti limiti della non palese arbitrarietà e della non manifesta irragionevolezza, e quindi con esclusione di situazioni di sostanziale scavalcamento; che poi, invece, è ciò che si è effettivamente verificato nel caso di specie, e che si è chiesto alla Corte Costituzionale di censurare.
Ma tutto ciò è - per così dire - “sfuggito” al Collegio del T.A.R., e potrebbe ora essere eccepito solo in un giudizio di appello dinanzi al Consiglio di Stato, da proporsi avverso la suesposta sentenza di primo grado.
Tra qualche giorno, forniremo direttamente – via posta elettronica – a tutti i nostri Assistiti la documentazione necessaria per una loro eventuale adesione all’atto di appello, per la riforma dell’illegittima sentenza di primo grado.
E, soprattutto, attiveremo sin da subito, nell’interesse di coloro che ci hanno già conferito mandato, il giudizio per ottenere il risarcimento dei danni (equa riparazione) conseguenti all’illegittima durata dei processi de quibus (Legge Pinto).
Roma, 27 gennaio 2014
Lo Staff