VINTO UN IMPORTANTE RICORSO!
Il caso è comune a molti altri.
Un militare impegnato in operazioni di polizia giudiziaria è accusato di gravi reati: concorso in corruzione, abuso d’ufficio, rivelazione di segreti d’ufficio, omissione di atti d’ufficio. Accuse infamanti per un pubblico ufficiale da anni in prima linea contro il crimine.
Rinviato a giudizio, patteggia la pena. Sospeso dal servizio, è sottoposto a procedimento disciplinare e perde il posto di lavoro: destituito!
Si tutela rivolgendosi all’avvocato Mandolesi, il quale ottiene subito una sospensione degli effetti del provvedimento espulsivo. Ma l’Amministrazione insiste, quel militare non lo vogliono più in servizio. Riesamina gli atti e amplia le proprie motivazioni.
Nella memoria per motivi aggiunti si chiede di andare subito a sentenza, e finalmente il Giudice dà ragione alle tesi difensive sostenute dall’avvocato Mandolesi (TAR Toscana, sentenza n. 142/2013): i provvedimenti espulsivi vanno motivati sul serio e non attraverso apodittiche affermazioni, soprattutto se l’inchiesta formale termina con una proposta d’irrogazione di una sanzione più lieve. La sentenza penale di condanna, in questi casi, non è sufficiente ad affermare la responsabilità dell’incolpato.
L'Amministrazione è condannata a rifondere 3.000 euro per le spese legali, e dovrà risarcire i danni al militare, che tornerà presto in servizio e potrà così recuperare la propria dignità di uomo e di servitore dello Stato.